“Lo sapevo, lo sapevo!” Pensava Cesarino chiuso nel trasportino a forma di cestino.
“Va sempre a finire così, ogni volta mi faccio incastrare!”
Era arrabbiatissimo. Furioso.
Tutte le volte che le Elea lo chiudeva nel trasportino voleva dire solo due cose: o stavano partendo per andare in vacanza o andavano dal veterinario.
Siccome in quel momento erano già in villeggiatura in Italia, non c’era più che una sola spiegazione, e questa era una pessima notizia.
“Eppure sto benissimo! Non ho niente che non va, sto una meraviglia! Ma appena esco… appena sono fuori di qui, graffio sul naso il primo che passa e poi sta sera le vomiterò una palla di pelo sul letto, così impara!”
E mentre meditava sulla ripicca, cercava di appiattirsi il più possibile in fondo al cestino, quasi come per diventare invisibile.
Dopo breve tempo arrivarono all’ambulatorio; Cesarino entrando annusò il tipico odore pungente dello studio medico e gli si arricciarono i baffi. Sentì Elea scambiare qualche parola con Michela, la veterinaria con cui era amica. Il gatto sapeva precisamente come sarebbe andata: un visita rapida (ma odiosa) e poi avrebbe dovuto aspettare, magari ore, perché quelle due si sarebbero messe a chiacchierare come sempre, e lui avrebbe perso tempo prezioso. Star là ad attendere in quel posto puzzolente anzi che star in giardino a cercare avventure… quello era uno dei modi più stupidi che c’erano per buttar via tempo.

Elea posò il cestino sul tavolo di metallo, aprì lo sportellino e Cesarino, per quanto fosse appiattito sul fondo, venne tirato fuori.

Infatti andò precisamente come aveva previsto.
Elea posò il cestino sul tavolo di metallo, aprì lo sportellino e Cesarino, per quanto fosse appiattito sul fondo, venne tirato fuori. Visita di rito: palpate a tutte le zampe e alla coda, termometro nel sedere, bocca aperta a forza, luce accecante negli occhi, pipa nelle orecchie e tutto il “trallallà”.
Tutta questa tortura per sentirsi dire:
«No, niente di che» concluse Michela la veterinaria «Se perde il pelo nella pancia è probabilmente perché ha qualche intolleranza alle crocchette che sta mangiando, oppure ha ingerito qualche erba che gli ha dato fastidio, ma niente di preoccupante, è in piena forma!»
Cesarino sfuggì dalle mani della veterinaria e andò a rifugiarsi mugugnando nel suo paniere “Ma cosa avevo detto io: quelle crocchette facevano schifo e me le hanno servite per una settimana!! E comunque non c’era bisogno di venire fino qui per farselo dire dal dottore! Per un ciuffetto di peli persi sulla pancia…!”

Sempre come aveva previsto Cesarino, finita la visita, Elea e Michela si spostarono nella stanzetta adiacente per fare due chiacchiere e lasciarono Cesarino nel trasportino sopra il tavolo medico.
“Lo sapevo! Sapevo anche questo! Iniziano con dire che scambiano due parole e poi restano di là un’eternità, e io… qua ad aspettare. Va bene, mi calmo, recupero le energie, ma sta sera col cavolo che torno a casa a dormire!” e così pensando si raggomitolò nel trasportino e cerò di riposarsi, in sottofondo il brusio delle due amiche che conversavano.
Ma si sa, i gatti sono sempre allerta, anche quando riposano hanno i sensi sempre in guardia.
Mentre Cesarino aveva gli occhi chiusi sentì un leggerissimo cigolio e le sue orecchie subito si diressero in direzione della porta. Insieme al cigolio arrivò al suo naso un nuovo odore, ma con tutto quel puzzo di ambulatorio era difficile da identificare, sicuramente era un odore di un animale, e a Cesarino gli si alzarono i peli nel collo.
Non ebbe tempo di schiudere gli occhi che nel suo trasportino era entrato un grosso naso marrone.
«Per caso qui dentro c’è una bella cagnolina che è venuta a trovarmi?» disse una spessa, intensa e sdolcinata voce canina.
Cesarino non pensò né uno, né due e sferrò due belle zampate su quel grosso nasone umido che si ritrasse immediatamente guaendo.
«Cai, cai, cai! Che modi!! Non ho fatto mica niente, ho solo annusato… cai, cai… un’annusata di benvenuto!»
«Bel benvenuto!» rispose Cesarino da dentro il cestino, tutto gonfio come fanno i gatti quando si arrabbiano «io ero qua, mezzo assopito, e mi vedo spuntare questo naso bagnato nel mio spazio privato. Chi ti conosce? Che vuoi?»
«Eeeh! Ma che gatto permaloso… mi hai fatto male sai? Come sei irritabile…»
«Irritabile?!? Ecco la solita faccia tosta da cani! Tipico di chi si annusa il sedere per fare conoscenza, per niente raffinati! Comunque, chi sei? Come hai fatto ad entrare qui?»
«Mamma mia che caratterino!» disse il cane continuando a massaggiarsi il naso con una zampa «Io sono Renato, Michela è la mia umana e ogni tanto vengo qui a fare compagnia ai pazienti, sono un coccolone e mi piace stare qui a fare da infermiere, sono amico di tutti gli animali, anche di gatti un po’ irritabili come te.»
Cesarino non era per niente convinto, ma decise di dare uno sguardo per valutare la situazione. Si sporse un pochino fuori dal cestino e vide seduto a terra un grosso cane riccioluto beige con delle macchie marroni, che scodinzolava e si massaggiava il naso. I suoi occhietti erano simpatici, non portava quel puzzo di cane antipatico mordi-gatto, e guardava Cesarino con aria d’attesa.
«Ah! Bene! Ti sei deciso a venire fuori!» disse a Cesarino vedendolo uscire dal trasportino «Quindi sei guarito!»
«Ma io non ero malato» rispose il gatto.
«Ah no? Allora cosa ci fai qui?»
«Lasciamo perdere che è meglio. Comunque direi che quello malato sei tu» Cesarino guardò il cane con aria esperta.
«Ma come?» continuò Cesarino «Se non sbaglio tu sei un lagotto, una razza rinomata per il senso dell’olfatto, eppure hai infilato il naso fino dentro il mio cestino e mi hai scambiato non solo per un cane… ma pure per una femmina! Ti è andato in tilt il naso o cos’altro?»
Renato aveva smesso di scodinzolare e aveva strabuzzato gli occhi «Cai, cai, cai, hai ragione!» rispose guaendo e frignando «Sì… il problema è… è che… cerco una cagnolina, una fidanzata… da moltissimo… cai, cai… una cagnetta da coccolare, con cui passare il tempo, andare per i boschi, ma non la trovo, e sto diventando matto! Cai, cai, cai!»
Ed era proprio vero.
Renato aveva cinque anni e da più di due aveva completamente perso la testa. Se ne erano accorti tutti, in particolare la sua umana.
Renato andava a spasso con Michela e, come sempre, quando incrociava un altro cane si fermava per il rituale di saluto canino: un’annusata naso-naso scodinzolando, un’annusata reciproca al sedere, un’impennata per giocare, qualche abbaio, una rotolata per terra e una corsa se si poteva. Fin qui tutto normale. Ma se per caso trovava un esemplare femmina il suo saluto era molto più impertinente ed aveva finito per diventare invadente.
Nel linguaggio canino rivolgeva un sacco di domande alla sua interlocutrice, spesso imbarazzanti e indelicate «Chi sei? Cosa fai? Quanto pesi? Sei fidanzata? Quali sono i tuoi biscottini preferiti? Sei vecchia? Qual è il tuo posto preferito per fare pipì? L’hai mai fatta sul divano?» e così via. Si lasciava prendere così tanto dall’entusiasmo che anzi che farsi nuovi amici, o nuove amiche, finiva per prendersi un bel morso e tutti lo tenevano a distanza.
Ovviamente questo lo rendeva molto triste.
Michela, che lo conosceva meglio di tutti, aveva capito che c’era qualcosa che non andava, che il suo amico a quattro zampe aveva voglia di stare in compagnia ma finiva sempre per ritrovarsi solo. Lo portava in giro per spiagge e boschi, per colline e montagne, ma il risultato era sempre lo stesso: incontravano un sacco di cagnetti ma Renato era troppo invadente e finiva per restare solo.
«Beh certo, mica si fa così con le ragazze, mica puoi chiedere dove vanno a fare i loro bisogni! Quella è una cosa privata!» disse Cesarino «Certo che voi cani non avete assolutamente nessuna classe.»
«Tu dici? E allora come si fa, sapientone? » rispose Renato tirando su col naso. Cesarino tirò un sospiro e levò gli occhi al soffitto «Sempre e tutto io devo fare… si può uscire da questo posto puzzolente?»
Renato abbassò la testa: «Sì, si può uscire, ma non si può uscire. Cioè: la finestrella è sempre aperta, ma è vietato uscire perché c’è la strada.»
«Fammi capire bene» lo rimbeccò Cesarino scendendo dal tavolo «Vuoi che ti spiego sì o no come si fa per farsi nuovi amici?»
Renato annuì.

«Non mi vorrai mica dire che dai retta agli “ordini” della tua umana?!? Dai usciamo.»
Renato era molto combattuto, voleva dare retta a Cesarino, ma sapeva anche che non bisognava disubbidire alla sua umana: Michela le aveva spiegato che uscire da soli era pericoloso… ma in fin dei conti, quando ricapitava un’occasione così?
Il cane spinse con forza la finestra dell’ambulatorio che finì per aprirsi sufficientemente per lasciarli passare entrambi, e in men che non si dica furono fuori.
«Effettivamente qui ci sono un sacco di macchine, tu che sei ingombrante fai attenzione, resta dietro di me e non stare mai in mezzo alla strada» disse Cesarino e Renato subito ubbidì.
In poco tempo arrivarono a un piccolo parco, al sicuro dalla strada, Renato avrebbe avuto voglia di correre da tutte le parti e annusare tutti gli odori, ma lesse negli occhi del gatto che non era il momento.
«Dunque» disse Cesarino guardandosi intorno «Avviciniamoci a quella casa, c’è un bel giardino, probabilmente avranno anche un cane.»
Detto fatto, in quattro balzi arrivarono a una delle villette ed effettivamente gli odori che circondavano il cancello principale segnalavano la presenza di un cane.
«Una femmina! Sicuramente una femmina, sono sicuro! Potrebbe essere la mia nuova fidanzata! Mi vedo già insieme a lei a ululare alla luna, a correre veloci sulla spiaggia…» esplose Renato, colmo di emozione.
«Frena le fantasie romanticone!» lo interruppe Cesarino proprio nel bel mezzo del suo sogno ad occhi aperti «Non l’hai vista, non sai se ti piace o no, potrebbe essere una cagnolina molto piccola o molto più grande di te.»
«Non m’importa! Voglio una fidanzata!»
«Potrebbe essere molto giovane o molto più vecchia di te.»
«Non m’importa!»
«Ragiona… Potrebbe avere un caratteraccio.»
«Non m’importa, non m’importa!»

... un grosso cane riccioluto beige con delle macchie marroni, che scodinzolava...

«Ma smettila! E se fosse già fidanzata? O molto più semplicemente, se fosse lei a non volere te?»
A questa domanda tutti gli entusiasmi di Renato si spensero. Non ci aveva mai pensato.
«Quindi datti una calmata, presentati per bene, non scodinzolare troppo e vediamo come va; per gradi, senza precipitare le cose» Cesarino sperava di essere stato chiaro e confidava nel buon senso di Renato.
«Ora fai un abbaio di richiamo e vediamo se esce» Cesarino ebbe appena il tempo di finire la frase che da una porta della casa uscì a tutta velocità una cagnolina bianca che si diresse rapida come una fucilata verso il cancello, abbaiando come indemoniata.
Era una cagnetta piccola, tipo chiwawa, tutta un fascio di nervi per l’eccitazione, gli occhietti neri cerchiati di rosso e quasi non prendeva fiato per abbaiare. Cesarino si nascose immediatamente dietro un albero poco distante, Renato rimase ad aspettarla al cancello scodinzolando, con una parte del muso dentro alla griglia del cancello sperando che tutta quella foga fosse un benvenuto.
«Vieni via di là!» gridava Cesarino «Allontanati! Quella ti morde!»
Renato tolse il muso appena in tempo da dentro il cancello perché quella cagnetta arrivò ed era intenzionata a mordere la prima cosa a portata di denti.
«Ciao io sono Renato» tentò, piano di speranza.
«Bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau»
«No, non fare così, volevo solo fare amicizia, come ti chiami?»
«Bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau grrrrrr bau bau bau»
«Ma io volevo solo…»
«Grrrrrrr bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau bau grrrrrr bau bau bau»
Purtroppo c’era poco da fare, quella cagnolina non era intenzionata nemmeno a parlare.
«Renato, vieni via, non siamo i benvenuti qui!» gridò Cesarino.
Renato dovette arrendersi all’evidenza, insieme al gatto partì con la coda tra le gambe e il muso triste.
Cesarino tentò di spiegargli che è normale non essere simpatici a tutti e che può capitare d’incontrare della gente non disponibile a fare conoscenza, ma non per questo bisogna demoralizzarsi o arrendersi. Le spiegazioni non sembravano aver consolato Renato.
«Vedrai che andrà meglio la prossima volta. Guarda qui, un altro cancello e se non sbaglio quella laggiù è una bella cuccia. Nuovo tentativo? … e mi raccomando, se si affaccia una cagnolina, sii educato e non precipitoso!»
Renato non era molto convinto, ma era talmente tanta la voglia di avere nuovi amici – e soprattutto una fidanza – che infilò il muso dentro il cancello e fece un abbaio di richiamo mentre Cesarino andò a nascondersi poco distante. In men che non si dica apparve un bel cane nero a pelo corto, più o meno della stessa taglia di Renato, due occhioni marroni, muso appuntito tipo dobermann, e sicuramente una femmina.
«Ciao io sono Renato» disse cercando di tenere a freno la coda che sembrava impazzita.
«Ciao!»
«Ehm, ehm…» Renato avrebbe voluto fare le sue solite mille domande, ma con la coda dell’occhio vide Cesarino che gli fece segno di darsi una calmata «Ehm… bella giornata oggi, vero?» non trovò nient’altro da dire. Mentre cercava di controllare la coda e raccogliere le idee per dire qualcosa di intelligente e non impertinente, gentile e non sfacciato, da dietro a quella bella cagnetta comparve un grosso esemplare della stessa razza, ma con i denti ben in evidenza, le orecchie tirate all’indietro e il corpo rigido come il marmo; non era difficile capire che quello era un cane davvero, davvero arrabbiato.
«Sparisci!» disse quello ringhiando e fissando Renato con occhi aggressivi « Non voglio mai più vederti parlare con mia moglie né vederti davanti al mio cancello!»
Cesarino vide tutta la scena e, anche se a distanza di sicurezza, ancora una volta si ritrovò i peli gonfi e le pupille dilatate in segno di difesa, assomigliava a un gufo.
Renato riuscì a malapena a ritrarre la testa dal cancello che quel bestione gli si scagliò contro abbaiando ferocemente.

… una cucciolata di bassotti.

Ancora una volta Cesarino e Renato scapparono lasciandosi alle spalle il latrato del grosso cane e le voce della moglie che diceva “Ma dai caro, era solo un vagabondo che chiedeva informazioni… mica puoi fare così tutte le volte che un quadrupede si avvicina al cancello di casa, suvvia!”.
Il morale di Renato era più a terra di prima e Cesarino cercava di confortarlo.
«Su, non fare così! Non bisogna lasciarsi abbattere! Sono cose che succedono» ma queste parole rimbalzavano addosso al cane riccioluto.
Non andò molto meglio ai cancelli successivi dove trovarono un pastore tedesco fissato con l’invasione dei ladri, una barboncina che odiava i gatti e minacciava di cuocere Cesarino allo spiedo se fosse entrato nella sua proprietà, un cane tipo boxer vecchio e molto scorbutico, una bulldog ossessionata dalla caccia agli scoiattoli e una cucciolata di bassotti.
Stavano per rinunciare, almeno per quel giorno, quando Cesarino vide una pallina da tennis rotolare fuori da un piccolo cancello e un paio di zampette ricciolute marroni cioccolata sporgersi disperatamente fuori per recuperarla.
«Guarda!» disse Cesarino, ma il suo amico era così abbattuto che aveva gli occhi fissi sull’asfalto.
«Dai forza! Vai un po’ a vedere di chi sono quelle zampe!» ma Renato non alzò nemmeno la testa.
«Dammi retta» disse Cesarino con insistenza «Peggio di così non può andare, però può andare meglio! Se ci presentiamo bene c’è sempre la possibilità di farsi un amico, e nella peggiore delle ipotesi potrai tenerti la pallina da tennis che è fuori portata del proprietario!»
Renato lanciò un’occhiata sfiduciata, aveva già ricevuto troppi rifiuti quel pomeriggio e l’idea di portare via un gioco a un suo simile gli piaceva ancora meno. Ma ormai… Cesarino aveva ragione, peggio di così non poteva andare.
Si diresse abbattuto verso la pallina e appena fece per annusarla, pensando a cosa dire per presentarsi, tanto per cambiare dal solito “ciao io sono Renato”, una vocina dolce e prudente lo chiamò:
«Ehi tu! Ehi scusa, per favore! Sì, tu… mi potresti ridare la mia pallina?» la cagnolina che si sforzava di recuperarla all’interno del cancello guardò Renato ma poi abbassò gli occhi « Te lo chiedo per favore, è il mio gioco preferito…»
Renato prese la pallina in bocca e l’appoggiò delicatamente davanti alla griglia. Mentre alzava il muso il suo naso scontrò accidentalmente la punta del nasino della cagnolina che si era sporta per recuperare la palla. In quel momento ci fu come una scintilla tra i due e le loro code iniziarono ad agitarsi.
«Grazie! Io sono Diana, ma tutti mi chiamano Didi; tu chi sei, cosa ci fai qui? Dov’è la tua umana? Ti sei perso? Dove vai ora? Hai sete? Vuoi giocare? Sai sono appena arrivata in città non conosco nessuno. Te sei di qui?» e mentre parlava la coda aveva preso a sventolare ancora più velocemente. «Ah scusa… mi dicono che spesso faccio troppe domande e che sono impertinente» e ancora una volta abbassò gli occhi.
«Non ti preoccupare, anch’io mi agito quando conosco gente nuova. Mi chiamo Renato» e mentre parlava non perdeva d’occhio Cesarino che era rimasto in disparte ma continuava a fargli segno con le zampe di parlare piano, di non agitare troppo la coda e di respirare tra una frase e l’altra.
A dire la verità, questa volta Renato non fece molta fatica a seguire i consigli del gatto, la conversazione con la sua nuova amica Diana scorreva fluida e riuscivano a parlare del più e del meno senza interrompersi, senza farsi domande petulanti. L’unica cosa che mancava in quell’incontro era la possibilità di farsi una corsa insieme, ma quell’insopportabile cancello li divideva.
Dopo un po’ e senza preavviso Cesarino si fece avanti, salutò con un cenno del capo Diana e si rivolse a Renato:
«Mi dispiace interrompervi ma è l’ora di andare»
«Di già? Ancora un minuto…» provò a dire Renato facendo gli occhi languidi al gatto.
«Ma guarda te! Mi era sembrato di sentire odore di gatto… quindi voi siete insieme?» interruppe Diana.
«Sì» rispose Cesarino «Non ti dispiace vero?»

 

 

 

 

«Per niente! Amo moltissimo i gatti, mi diverto alla grande con gli amici felini» disse da dietro il cancello e fece un paio di capriole per rafforzare la sua affermazione.
«Molto meglio così» sospirò sollevato Cesarino «Ti promettiamo che torneremo a trovarti, ma ora è tardissimo, dobbiamo proprio partire» prese Renato per la coda e iniziò a tirarlo.
«Ciao Diana! Ciao Didi, torno presto, te lo prometto… ciao! Ciao! Ciaoooo!» e così strillando il cagnolone riccioluto beige e marrone fu letteralmente trascinato via da Cesarino.
Solo quando ebbero superato una curva Renato si girò e smise di farsi tirare e iniziò a camminare nella direzione giusta.
«Sì, sì, ho capito, è tardi, dobbiamo rientrare… ma era così carina… così dolce… poi hai visto come mi parlava… Santo cielo… Amico mio… mi sa che sono innamorato!» disse Renato con la lingua di fuori.
«Caro il mio coccolone, ma io te l’avevo detto che ci voleva “solo” stile e savoir-faire per trovare una fidanzata! Alla fine ci sei riuscito, bastava seguire i consigli di un felino!» si complimentò il gatto «Però siamo stati via un po’ troppo, non so se la nostra fuga è passata inosservata».

Iniziarono a correre a tutta velocità in direzione dell’ambulatorio veterinario.
Effettivamente mancavano da una sacco di tempo, e per quanto Elea e Michela amassero chiacchierare forse a quest’ora si erano accorte dell’assenza di Cesarino e Renato.
Appena arrivati in vicinanza dell’ambulatorio, videro le due umane all’esterno, che urlavano disperatamente i loro nomi, entrambe con un sacchetto di crocchette in mano per richiamarli “meglio”.
«L’abbiamo combinata grossa» mugolò Renato con la coda tra le gambe.
«Non ti preoccupare» lo rincuorò Cesarino «tu avvicinati lentamente, fai vedere che sei in salute, ma non mostrare troppa contentezza sennò si montano la testa, giusto un po’ allegro di essere tornato. Se per caso ti becchi una sgridata… pazienza! Ricordati chi hai conosciuto uscendo oggi, è stato un bel guadagno!»
«Ma se prendo una punizione?» guaì tristemente Renato.
«Figurati! La tua umana sarà troppo contenta di ritrovarti! E anche se fosse, pensa alla tua Didi. Anzi, bisognerà che torni a trovarla, quindi… ogni tanto dovrai uscire da solo dalla finestrella aperta.»
E così dicendo Cesarino si avvicinò alla sua umana che ovviamente lo prese subito in braccio. Elea avrebbe avuto voglia di sgridarlo, ma era così felice che Cesarino fosse tornato che si limitò a fargli una “coccola d’amore” e a dirgli «Non farmi venire mai più di questi infarti!»
Renato avrebbe voluto seguire ancora i consigli del gatto, ma non riuscì a cedere alla sua indole canina: iniziò a correre verso Michela saltandole letteralmente addosso, poi riprese a correre in cerchio e avanti-indietro e le risaltò sulla pancia per leccarle il viso… era davvero tanto contento di rivedere la sua umana e aveva voglia di festeggiare. Michela era divisa tra la rabbia per la fuga del suo amico a quattro zampe e la gioia del suo ritorno, anche lei fece una “coccola d’amore” a Renato, gli accarezzò le orecchie come una centrifuga (cosa che il cane apprezzava particolarmente) e finì col dire:
«Non scappare mai più disgraziato! Mi hai fatto morire di paura! Morire di spavento! E poi… dove sei stato? Ti pare l’ora di tornare?!? Guarda che mi fai fare tardi! Lo sai che oggi abbiamo una vista a domicilio da una nuova paziente, una cagnolina che è appena arrivata in città, si chiama Diana.»
Per un istante Renato si congelò come ipnotizzato da quel nome, quando poi realizzò li colpo di fortuna che gli si presentava davanti ricominciò a saltare e correre in tondo come un matto.
Quando finalmente si fu calmato tutti rientrarono dentro l’ambulatorio, Cesarino fu rimesso suo malgrado dentro il trasportino per ripartire verso casa con Elea, mentre Renato e Michela si preparavano per uscire per la vista a domicilio.
«Sembra che Cesarino abbia fatto amicizia con Renato» disse sorridendo Elea.
«Perché Renato è un buon infermiere! Un po’ matto, ma bravo» rispose Michela ridendo.
Prima di partire Cesarino e Renato riuscirono ad avere un breve scambio:
«Ciao amico mio! A presto! Grazie per tutti i tuoi consigli, ne farò tesoro!» abbaiò Renato.
«Ricordati: cerca di avere la classe di un gatto è tutto andrà meglio» rispose ridacchiando Cesarino e poi continuò «non si può dire che si va dal veterinario volentieri, ma se ci sarai anche tu, la prossima, volta che verrò sarà meno controvoglia… e mi darai notizie di Diana!»

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